Uelà segugi fans the UnParaventoDiVimini Project sapete che non badiamo allo scopo del lucro, in fondo siamo solo anzi sono solo un diversivo che scanzona e proietta la verve musicale che nasce tutto dall'esperienze di vita vissute da ogni componente della band o meglio dal trio ò fabuloso, io mi siedo in panchina. Ora li ho analizzati guardardoli nelle palle degli occhi è ho visto quale sia il loro sogno ricorrente, si tratta di una sfida che va oltre ogni immaginazione...aprite le orecchie vi farò capire di cosa si tratta : vogliono implementare un genere di show dove l'azione dei tre attori/autori/cantanti/showman viene portata avanti sulla scena non solo dalla recitazione, ma anche dalla musica, dal canto e dalla danza che fluiscono in modo spontaneo e naturale.... cosa sarà mai? ki indovina vincerà biglietti misti in tutte le sale auditorium sparse nel globo per ascolatare i loro single...
n.d.DoTheSka Diciamo che con questa premessa IndiaNapolis vuole lanciare il concorso "narraci una storia e diventerà un'opera d'arte". Insomma, un concorso dalle piccole pretese: raccontateci una storia interessante e probabilmente ne prenderemo lo spunto per la realizzazione dell'ultimo pezzo del nostro album. Eh si, l'ultimo pezzo... ormai è fatta.. paraventini miei...
8 commenti:
oddio oddio oddioooo
devo pensarciiii!!!!! ahhh.. troppo faticoso! :D:D:D
ma se mi impegno vi tirerò fuori una storia degna del mio gruppo preferito! cioè VOI!
baciiiii
A breve vorremmo rendere disponibili le suonerie per il cellulare. Mi riferisce DoTheSka che già ci sarebbe qualche richiesta di "Vimini"... Magari coi coretti che piano piano aumentano di volume... vimi...vimini..viii.viminiviminiiiii...
Dobbiamo ricordarci il tema principale del post: racconta una storia che valga la pena di essere raccontata, in modo che da questa possa nascere un'opera d'arte senza eguali nella storia dell'umanità. Dai.. è facile...
Ecco la mia... il titolo sarebbe:
"La piazza quella grande piena di gente...(P.zza Trilussa in Roma di sabato sera)", naturlamente ogni riferimento a persona fatto luogo è del tutto casuale ecc.. ecc..
Testo:
Mentre arrivo nella piazza quella grande piena di gente
scorgo due loschi figuri con smanicata e pendende
Lesto aguzzo la vista e mi accorgo che in breve scoppierà una rissa
I due buzzurri confabulano tra loro e rispondono in malo modo ai tre poveri oriundi di belle speranze che vogliono rendere il loro sabato sera importante
Ma.. dormo o son desto?
Strabuzzo gli occhi e presto mi accorgo che i tre poveri malcapitati sono amici datati
Il secco babbalone, il partenope parrucone e la bella ricciolona sono in mezzo al polverone
Il caos regna sovrano e rende il momento arcano
Le parole sono tante in strane lingue che rendono le persone distante
Attaco il telefono e con passo lesto arrivo presto davanti ai malcapitati
Ma spesso accade che come il polverone si alza allo stesso modo si scalza
cosichè chissacome chichessia guadagnano tutti la propria via
Il babbalone mi guarda sgomento e a stento trattiene il portamento...
Gli sguardi parlano chiaro, cari amici anche questa volta siete scampati al destino malsano...
Who?
Grande serata ieri, pregna di contenuti. Alcune menti illuminate ( Jean Nicolò, Mauros, Emiliano in divenire e lo stesso Indianapolis ) ci hanno suggerito parecchie situazioni/storie, insomma spuntini di vario tipo, da utilizzare. Ma noi ne attendiamo altri da voi.. voi chi? Voi che state leggendo queste umide parole.
Carissimi tupdv ho terminato il mio murales .... ovviamente non è quello che volevo dirvi ... eppure centra in qualche modo con quello che volevo dirvi ...
mettiamola così : per pulire il pennello dal rosso vivo con cui ho dipinto la parte circostante la stella della bandiera cubana, ho utilizzato un foglio accartocciato del quotidiano La Rapubblica ... il primo capitatomi per le mani ... così non so quale collegamento vivo mi abbia condotto in una scuola sulla portuense dove qualche anno prima avevo letto su di una foglio appeso dello stesso giornale un articolo che Italo Calvino scrisse nel 1980 ... Morale della favola ho cercato e ritrovato quell'articolo perchè narra di una storia che a me sembra sempre attuale e che magari potrebbe esservi utile ... pensare non so un omaggio al grande scrittore ...
Il titolo è "Apologo sull'onestà nel paese dei corrotti" ... e siccome il murales poi mi è venuto bene allora ... buona lettura!
Jean Nicolò
APOLOGO SULL’ ONESTA’ NEL PAESE DEI CORROTTI (La Repubblica, 15-03-1980)
C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, ne’ che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti piu’ o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perche’ quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si e’ piu’ capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioe’ chiedendoli a chi li aveva in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere gia’ aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo di una sua autonomia. Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perche’ per la propria morale interna, cio’ che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito, anzi benemerito, in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalita’ formale, quindi, non escludeva una superiore legalita’ sostanziale. Vero e’ che in ogni transazione illecita a favore di entita’ collettive e’ usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che, per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se’ una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene, il privato che si trovava ad intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro di aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioe’ poteva, senza ipocrisia, convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita. Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale, alimentato dalle imposte su ogni attivita’ lecita e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Poiche’ in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta, ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse), la finanza pubblica serviva ad integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attivita’ che sempre in nome del bene comune si erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civilta’ poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza di atto di forza (cosi’ come in certe localita’ all’esazione da parte dello Stato si aggiungeva quella di organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori, pur provando anziche’ il sollievo del dovere compiuto, la sensazione sgradevole di una complicita’ passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attivita’ illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
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Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziche’ di soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosi’ che era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle guerre tra interessi illeciti oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e di interessi illeciti come tutti gli altri. Naturalmente, una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale, che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche si inserivano come un elemento di imprevedibilita’ nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita. In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che usavano quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini illustri e oscuri si proponevano come l’unica alternativa globale del sistema. Ma il loro effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile e ne confermavano la convinzione di essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Cosi’ tutte le forme di illecito, da quelle piu’ sornione a quelle piu’ feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilita’ e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto, dunque, dirsi unanimemente felici gli abitanti di quel paese se non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
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Erano, costoro, onesti, non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, ne’ patriottici, ne’ sociali, ne’ religiosi, che non avevano piu’ corso); erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano cosi’, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altra persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, gli onesti erano i soli a farsi sempre gli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtu’ sono cose che riscuotono troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in mala fede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per se’ (o almeno quel potere che interessava agli altri), non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute piu’ nascoste; in una societa’ migliore non speravano perche’ sapevano che il peggio e’ sempre piu’ probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che, cosi’ come in margine a tutte le societa’ durate millenni s’era perpetuata una controsocieta’ di malandrini, tagliaborse, ladruncoli e gabbamondo, una controsocieta’ che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare "la" societa’, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della societa’ dominante ed affermare il proprio modo di esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di se’ (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera, allegra e vitale, cosi’ la controsocieta’ degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversita’, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa di essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno piu’ dire, di qualcosa che non e’ stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’e’.
Italo Calvino
L'articolo è dannatamente attuale. E' utile per chiunque e ti ringraziamo per avercelo proposto, caro Jean Nicolò. Qualcuno potrebbe dire "ma che cazzo c'entra col post iniziale?". Quel qualcuno, oltre che un gran maleducato, dovrebbe capire che ogni opera d'arte, anche se generata da una sola persona o da un gruppo, è direttamente influenzata dalla società e dal "modus vivendi" a cui appartiene.
Propongo di musicare l'intero testo di Italo Calvino, assemblando così un'opera musicale che potenzialmente può tenere in "ostaggio" gli ascoltatori per circa una settimana.
Tanto che avete di meglio da fare?
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